Essere lasciati: verso il recupero di sé
Cosa succede, dunque, dopo essere stati lasciati? Quali sono le emozioni, le azioni, i pensieri più frequenti e comuni conseguenti ad un abbandono?

Lasciare, lasciarsi, farsi lasciare, avere voglia di lasciare e non riuscirci, avere paura di essere lasciati... Le ragioni per stare male in amore possono essere molteplici, ma l’esperienza di essere lasciati è, senza dubbio, la più estrema. Si fa i conti con l’abbandono e con un senso di vuoto che ne consegue. Cosa succede, dunque, dopo essere stati lasciati? Quali sono le emozioni, le azioni, i pensieri più frequenti e comuni conseguenti ad un abbandono. Proveremo a vederlo insieme in questo articolo.
Come descrive Telfener (2007) esistono delle "fasi" che, sebbene con diverse sfumature e oscillazioni, tutte le persone che sono state lasciate attraversano. Forse, conoscerle, potrebbe aiutare chi sta affrontando questo momento a soffrire un po’ meno. Vediamole allora insieme:
1. Il dolore
In questa prima fase la sofferenza raggiunge la massima intensità. La sensazione è quella di avere sempre in testa l’Altro. I momenti più difficili sono forse il risveglio e la notte; soprattutto quando finisce la giornata si viene attraversati da un senso di solitudine cosmica (frasi come "sono solo, rimarrò solo per sempre" sono il leitmotiv che accompagnano le giornate). All’altra persona si pensa, comunque, tutto il giorno e poi anche durante la notte, magari attraverso i sogni. Non si pensa all’altro come a una persona reale, ma come a colui o colei che ci hanno trattati male, facendoci diventare vittime di un’ingiustizia. La fatica che si fa per spingere l’ex partner fuori dalla nostra vita è grandissima, ogni cosa ci fa tornare in mente quello che "eravamo". È la fase in cui ritorneremmo subito assieme, pronti a vedere piccolissimi segnali che l’altro ci vuole ancora. Le emozioni maggiormente esperite sono: il senso di spaesamento ("Dove sono?", "Cosa sto facendo?", "Che significato hanno tutte le cose che ho fatto e quelle che abbiamo fatto insieme?"), la mancanza e il senso di nostalgia, disperazione, svalutazione di Sé ("E’ solo colpa mia!"), il sentimento di solitudine, sentirsi traditi e, talvolta, il desiderio di morire.
2. La rabbia
Passato un po’ di tempo il dolore diventa più sopportabile, subentrano allora la rabbia e la capacità di discernere tra sé e il partner. È il momento in cui si incolpa l’Altro: non siamo più noi i responsabili della fine della storia, ma il partner. Non ci si sente più "prigionieri" si fa appello ai propri valori e si riesce a definire come sbagliato il comportamento dell’altro, ma raramente si riesce a non attribuire l’intera colpa della rottura totalmente al partner. Dalla nostra totale responsabilità si passa a "è tutta colpa sua". Non riusciamo, però, ancora totalmente a lasciarlo andare, poiché il desiderio di tornare insieme è l’ultimo a spegnersi, solo nel momento in cui non ci sentiremo più pronti ad accoglierlo/a se tornasse indietro potremo dirci finalmente liberi. Si farà davvero un passo avanti quando, anziché occuparci solo del partner, faremo domande che riguardano anche noi e inizieremo a riflettere sulle motivazioni che hanno portato alla fine.
3. L’accettazione
Prendere le distanze oppure continuare a ricordare? In questo momento si è a un bivio: possiamo pensare di continuare a vivere nel passato oppure "separarci" dalla separazione e andare avanti, riprendendo in mano la nostra vita. Anche questa è una fase dolorosa perché si inizia ad ipotizzare di lasciare andare colui/colei che per tanto tempo ha "abitato" i nostri pensieri. Inizia a farsi avanti l’idea che si potrebbe non soffrire più e i ricordi e le emozioni negative iniziano a lasciare spazio a riflessioni più positive. L’odio inizia a lasciare il posto all’indifferenza. Ad un certo punto perdonare l’altro diventa indispensabile, solo in questo modo infatti, si riuscirà a voltare pagina. Perdonare l’altro è importante, ma lo è anche perdonare noi stessi, magari per non avere capito quello che stava succedendo e aver contribuito passivamente alla fine del rapporto. Ora ci si può permettere di concentrarsi su di sé.
Una volta attraversato tutto questo ecco allora che saremo di nuovo pronti a "rimetterci sulla piazza" con la consapevolezza di essere diventati una persona "migliore", nel senso che avremo riflettuto a sufficienza su di noi e sui rapporti, tanto da poter avere qualcosa da dare, pronti ad iniziare una nuova avventura. Avremo perduto - forse - l’illusione che i rapporti possano durare per sempre, ma non per questo penseremo che non valga più la pena di viverli, e sapremo quindi investirci e crederci per tutto il tempo che dureranno.
Come descrive Telfener (2007) esistono delle "fasi" che, sebbene con diverse sfumature e oscillazioni, tutte le persone che sono state lasciate attraversano. Forse, conoscerle, potrebbe aiutare chi sta affrontando questo momento a soffrire un po’ meno. Vediamole allora insieme:
1. Il dolore
In questa prima fase la sofferenza raggiunge la massima intensità. La sensazione è quella di avere sempre in testa l’Altro. I momenti più difficili sono forse il risveglio e la notte; soprattutto quando finisce la giornata si viene attraversati da un senso di solitudine cosmica (frasi come "sono solo, rimarrò solo per sempre" sono il leitmotiv che accompagnano le giornate). All’altra persona si pensa, comunque, tutto il giorno e poi anche durante la notte, magari attraverso i sogni. Non si pensa all’altro come a una persona reale, ma come a colui o colei che ci hanno trattati male, facendoci diventare vittime di un’ingiustizia. La fatica che si fa per spingere l’ex partner fuori dalla nostra vita è grandissima, ogni cosa ci fa tornare in mente quello che "eravamo". È la fase in cui ritorneremmo subito assieme, pronti a vedere piccolissimi segnali che l’altro ci vuole ancora. Le emozioni maggiormente esperite sono: il senso di spaesamento ("Dove sono?", "Cosa sto facendo?", "Che significato hanno tutte le cose che ho fatto e quelle che abbiamo fatto insieme?"), la mancanza e il senso di nostalgia, disperazione, svalutazione di Sé ("E’ solo colpa mia!"), il sentimento di solitudine, sentirsi traditi e, talvolta, il desiderio di morire.
2. La rabbia
Passato un po’ di tempo il dolore diventa più sopportabile, subentrano allora la rabbia e la capacità di discernere tra sé e il partner. È il momento in cui si incolpa l’Altro: non siamo più noi i responsabili della fine della storia, ma il partner. Non ci si sente più "prigionieri" si fa appello ai propri valori e si riesce a definire come sbagliato il comportamento dell’altro, ma raramente si riesce a non attribuire l’intera colpa della rottura totalmente al partner. Dalla nostra totale responsabilità si passa a "è tutta colpa sua". Non riusciamo, però, ancora totalmente a lasciarlo andare, poiché il desiderio di tornare insieme è l’ultimo a spegnersi, solo nel momento in cui non ci sentiremo più pronti ad accoglierlo/a se tornasse indietro potremo dirci finalmente liberi. Si farà davvero un passo avanti quando, anziché occuparci solo del partner, faremo domande che riguardano anche noi e inizieremo a riflettere sulle motivazioni che hanno portato alla fine.
3. L’accettazione
Prendere le distanze oppure continuare a ricordare? In questo momento si è a un bivio: possiamo pensare di continuare a vivere nel passato oppure "separarci" dalla separazione e andare avanti, riprendendo in mano la nostra vita. Anche questa è una fase dolorosa perché si inizia ad ipotizzare di lasciare andare colui/colei che per tanto tempo ha "abitato" i nostri pensieri. Inizia a farsi avanti l’idea che si potrebbe non soffrire più e i ricordi e le emozioni negative iniziano a lasciare spazio a riflessioni più positive. L’odio inizia a lasciare il posto all’indifferenza. Ad un certo punto perdonare l’altro diventa indispensabile, solo in questo modo infatti, si riuscirà a voltare pagina. Perdonare l’altro è importante, ma lo è anche perdonare noi stessi, magari per non avere capito quello che stava succedendo e aver contribuito passivamente alla fine del rapporto. Ora ci si può permettere di concentrarsi su di sé.
Una volta attraversato tutto questo ecco allora che saremo di nuovo pronti a "rimetterci sulla piazza" con la consapevolezza di essere diventati una persona "migliore", nel senso che avremo riflettuto a sufficienza su di noi e sui rapporti, tanto da poter avere qualcosa da dare, pronti ad iniziare una nuova avventura. Avremo perduto - forse - l’illusione che i rapporti possano durare per sempre, ma non per questo penseremo che non valga più la pena di viverli, e sapremo quindi investirci e crederci per tutto il tempo che dureranno.
Articolo del: