Caparra confirmatoria o acconto prezzo e presupposto dell’IVA

Con l’ordinanza n. 1298, depositata il 22.01.2021, la Corte di Cassazione ha ricapitolato alcuni utili principi in tema di tassazione delle somme corrisposte a titolo di caparra o acconto; spesso espressi dalla giurisprudenza in relazione a cessioni immobiliari, sono stati declinati in un caso di cessione di beni mobili.
In primo luogo la Suprema Corte ricorda che, in caso di cessione di beni mobili, a norma dell’art. 6 comma 1 del DPR 633/72, il presupposto dell’IVA si verifica in linea di principio, “nel momento della consegna o spedizione”, ma a norma del comma 4 della medesima norma, se si verifica anteriormente a tali eventi o indipendentemente da essi, viene “pagato in tutto o in parte il corrispettivo”, il presupposto dell’imposta si verifica, limitatamente all’importo pagato, “alla data …del pagamento”.
Le somme corrisposte a titolo di acconto soddisfano il presupposto IVA e scontano imposizione al momento del pagamento; le somme corrisposte prima della consegna o spedizione, a titolo di caparra confirmatoria ex art. 1385 del codice civile, non sono imponibili a IVA, in quanto non hanno natura di corrispettivo, bensì di risarcimento del danno.
La distinzione tra le somme attribuite a titolo di caparra e le somme corrisposte a titolo di acconto appare essenziale per definire la tassazione ai fini IVA.
La Cassazione ribadisce principi già consolidati in giurisprudenza:
- spetta al Giudice di merito stabilire, “attraverso la valutazione di elementi intrinseci ed estrinseci al contratto, se i contraenti abbiano inteso attribuire alla somma versata (o ad una parte di essa) la funzione di caparra confirmatoria, ovvero anche quella di acconto del prezzo dovuto” (Cassazione n. 8792/2007);
- il pagamento di somme a titolo di caparra risultano soggette ad IVA e all’obbligo di fatturazione solo nella misura in cui tali somme siano “destinate, per volontà delle parti, accertabile dal giudice di merito in base ad elementi intrinseci ed estrinseci al contratto, ad anticipazione del prezzo per l’acquisto del bene”; “nel dubbio se la somma di denaro sia stata versata a titolo di acconto sul prezzo o a titolo di caparra, si deve ritenere che il versamento è avvenuto a titolo di acconto sul prezzo”.
La Suprema Corte avendo ritenuto la motivazione della sentenza apparente (in quanto non erano stati forniti gli elementi per comprendere il fondamento della decisione), rimette la causa alla Commissione tributaria regionale, perché riesamini la questione, per valutare:
- in primo luogo, nel caso di specie i contratti di cessione di mobili effettivamente contenessero clausole che prevedevano pagamenti, a titolo di caparra, anticipati rispetto alla consegna dei beni;
- in caso affermativo, se i contraenti avessero inteso attribuire alle somme versate la funzione di mera caparra confirmatoria ovvero anche quella di acconto sul prezzo dovuto, nel qual caso, anche tali somme potrebbero risultare imponibili ad IVA.
Non andrebbe dimenticato, tuttavia, che lo stesso codice civile prevede (art. 1385 del codice civile) che la caparra, in caso di adempimento, possa essere imputata a corrispettivo.
La trasformazione della caparra in acconto non contrasta in alcun modo con la sua effettiva, originaria, natura di caparra; sicché il fatto che, nel contratto, sia stato indicato che, in caso di adempimento, la caparra verrà imputata ad acconto, non dovrebbe, a rigore, escludere la sua natura di corrispettivo per l’inadempimento.
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