Cause e sintomi della tripofobia, la fobia dei buchi


Poco conosciuta ma diffusa, la tripofobia è la paura di oggetti che presentano fori profondi e ravvicinati
Cause e sintomi della tripofobia, la fobia dei buchi

Alveari, spugne da bagno, buchi nel muro…hanno in comune la presenza di fori sulla superficie. La loro visione, anche in oggetti di uso comune, può sembrare scontata e innocua. Eppure esiste una fobia specifica derivante proprio dalla visione di “fori” ravvicinati tra loro: la tripofobia.

Il termine tripofobia deriva dalla lingua greca (letteralmente "trýpa" che significa "buco" e "phóbos", ovvero "paura"). Coniata soltanto nel 2005, la tripofobia è un disturbo abbastanza diffuso. Ciò nonostante, è meno noto rispetto ad altre fobie (come la claustrofobia, l’agorafobia o l’aracnofobia, per citarne solo alcune). Tant’è che non rientra tra i disturbi elencati nel "Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali" dell'American Psychiatric Association e i primi studi scientifici risalgono al 2013.

 

 

 

Cos’è la tripofobia

La tripofobia, o "fobia dei pattern ripetitivi", si presenta come un disturbo che si scatena con l’osservazione di oggetti o forme che presentano fori circolari, rettangolari o di altra forma geometrica, purché ravvicinati e profondi.
A scatenare il disturbo è essenzialmente la visione di figure geometriche che si ripetono.  
Come detto, la tripofobia non è contemplata come disturbo ufficiale riconosciuto dal famoso Diagnostic and Statistical Manual della American Psychiatric Association (Dsm-5). Data, però, la sua diffusione, negli ultimi anni gruppi di ricercatori e psicologi hanno compiuto ricerche e studi per capirne le cause e le caratteristiche.

Pur non essendo riconosciuta ufficialmente, la tripofobia si presenta come una paura che scatena sintomi simili ad altri disturbi, fino a poter generare ansia e panico (nei casi più gravi).

 

 

Sintomi della tripofobia

Pur non essendo riconosciuta come fobia dall’American Psychiatric Association, la tripofobia è comunque un disagio che si presenta come “paura persistente e irrazionale” nei confronti di oggetti che presentano fori ravvicinati e profondi.

Il disturbo è persistente perché si verifica ogni qualvolta ci trova di fronte a un oggetto che presenta buchi ed è irrazionale perché l’oggetto che innesca la fobia non è realmente minaccioso come lo si percepisce.

Generalmente, la tripofobia scatena soprattutto sensazioni di repulsione, avversione e disgusto, ma nei casi più gravi può generare anche stati ansiosi e di panico.

Proprio per la differente reazione al disagio possono essere presenti alcuni o molti dei seguenti sintomi fisici:

•    Brividi e pelle d'oca;
•    Sudorazione;
•    Palpitazioni e tachicardie;
•    Formicolio e prurito;
•    Secchezza delle fauci;
•    Tremori;
•    Senso di nausea o vomito;
•    Senso di svenimento;
•    Vertigini;
•    Mancanza d’aria.

 

 

Cause della tripofobia

Essendo un disturbo analizzato di recente, sono state avanzate diverse cause scatenanti la fobia. Ma ciò che differenzia, al momento, la tripofobia dalle altre tipologie di disturbi è che tale particolare fobia non viene direttamente associata ad esperienze traumatiche vissute o da influenze ambientali. In altre parole, non deriverebbe da eventi negativi o costruzioni e schemi mentali ambientali.

Uno dei primi studi sulla tripofobia, infatti, collega la natura della tripofobia a cause ancestrali.
Un gruppo di scienziati dell'Università dell'Essex (coordinato da Geoff Cole e Arnold Wilkins), hanno pubblicato nel 2013 sulla rivista Psychological Science la ricerca “Fear of Holes” (“Paura dei buchi”).
In tale studio si sostiene che il disturbo non dipende da cause psichiche, ma da motivi collegati al meccanismo di difesa innato nell’uomo. Sarebbe la risposta all’ambiente dettata dall’istinto di sopravvivenza, da sempre insito nell’uomo dai tempi della preistoria. Alla base di tale ipotesi vi sarebbe il fatto che la visione di un insieme di fori ravvicinati (di qualunque forma, purché vicini) ricorderebbe minacce reali, come animali velenosi, infezioni o parassiti.
Detto ciò, secondo lo studio dell'Università dell'Essex, la tripofobia deriverebbe dall’istinto di sopravvivenza dell’uomo che lo ha accompagnato lungo tutto il percorso della sua evoluzione.

Quattro anni dopo, nel 2017, un gruppo di psicologi dell'Università del Kent (Regno Unito) hanno dato una nuova interpretazione delle cause della tripofobia. O meglio, una specificazione. Secondo lo studio coordinato dal prof. Tom Kupfer della Scuola di Psicologia dell'ateneo di Canterbury, alla base del disturbo ci sarebbe la paura delle malattie infettive e dei raggruppamenti di parassiti. Di qui, l’avversione verso oggetti circolari o, comunque, ravvicinati. Gli psicologi hanno sottoposto a test un campione di 600 persone, metà delle quali tripofobiche. Dopo avergli mostrato due gruppi di immagini (il primo composto da foto di malattie infettive, il secondo da foto che “spaventano” i tripofobici, come bollicine, muri forati, spugne, ecc…), è emerso che tutti hanno provato repulsione per le foto del primo gruppo, ma solo i tripofobici hanno provato “disgusto” verso le immagini del secondo gruppo.  Trattandosi, però, di solo disgusto e non di terrore o paura come per le immagini del primo gruppo, i ricercatori hanno stabilito che, nell’ambito della tripofobia sono le malattie e i parassiti a far scatenare la paura e la repulsione. Infatti, le persone tripofobiche hanno avvertito la brutta sensazione di essere infestati da parassiti anche guardando le foto del secondo gruppo.

 

 

Rimedi e cura della tripofobia

Come per la maggior parte dei disturbi fobici, la cura può essere attuata tramite terapie cognitivo-comportamentali, affiancate eventualmente da una cura farmacologica.

Non essendovi all’origine, pare, una causa ben specifica (come un evento traumatico) la terapia cognitivo-comportamentale mira ad analizzare e a controllare il disagio in modo da raggiungere un autocontrollo. Attraverso un percorso terapeutico psicologico si riesce a disattivare i circoli viziosi negativi mentali.

La terapia farmacologica è utile soprattutto nei caso in cui a causa della tripofobia si  generano stati depressivi o di ansia.
Ma accanto alla terapia cognitivo-comportamentale e alla cura farmacologica ha senso e possono essere di grande aiuto anche le tecniche di rilassamento e un percorso di desensibilizzazione.

Le tecniche di rilassamento, quali il training autogeno, la respirazione e lo yoga, possono essere ottimi coadiuvanti al percorso terapeutico per raggiugere un autocontrollo emotivo.

Infine, grazie alla graduale e costante esposizione agli oggetti che scatenano la fobia, è possibile raggiungere una desensibilizzazione sistemica.

 

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