Responsabilità per cose in custodia


Annosa e dibattuta è la questione che riguarda la responsabilità dell’ente proprietario rispetto ai danni causati dalle cose in custodia
Responsabilità per cose in custodia

Annosa e dibattuta è la questione che riguarda la responsabilità dell’ente proprietario rispetto ai danni causati dalle cose in custodia.

L’art. 2051 del Codice Civile («Ciascuno è responsabile del danno cagionato dalle cose che ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito») prevede una responsabilità di carattere oggettivo superabile, appunto attraverso la prova del caso fortuito.

Tuttavia, la Suprema Corte, è intervenuta più volte per mitigare la responsabilità oggettiva dell’ente proprietario, facendo leva su alcuni elementi che vanno ad elidere, o comunque attenuare, la responsabilità dell’ente proprietario.

Oltre a tenere conto del concetto di insidia e trabocchetto, più volte richiamato dalla Corte, e della loro non visibilità e non prevedibilità, la Suprema Corte focalizza la sua attenzione sulla condotta tenuta dal danneggiato e sulla sua incidenza causale rispetto all’evento.

Da ultimo l’ordinanza 24416 pubblicata il 3 novembre 2020 dalla Sesta Sezione Civile della Corte di Cassazione sulla responsabilità da cose in custodia, focalizza, appunto, l’attenzione sulla condotta tenuta dal danneggiato.

Come detto, fermo restando i concetti di insidia o trabocchetto posti alla base di numerosissime pronuncie della Corte di legittimità, con l’ordinanza n. 24416/2020 la Cassazione, in questo caso, non ricorre nemmeno a tali concetti per valutare la risarcibilità dei danni della cosa in custodia «la cui imprevedibilità e non visibilità conduce ad una situazione di pericolo, in conseguenza della quale il soggetto subisce un danno» risarcibile (Cass. civile, sez. III, 13 maggio 2010, n. 11592).

In questo caso, gli ermellini, considerando il manufatto presente sulla sede stradale per le condizioni metereologiche, ambientali, oltre che per le caratteristiche intrinseche dell’oggetto, colore, dimensioni e funzione, hanno ritenuto che l’oggetto fosse perfettamente visibile. Basandosi, quindi, sulle condizioni oggettive emerse dagli atti, la Suprema Corte ha escluso, dunque, che la situazione di fatto descritta potesse prevedere un risarcimento. Sulla questione posta, rilievo importante è il riferimento alla funzione dell’oggetto ed alla condotta della parte danneggiata.

La condotta della vittima del danno causato da una cosa in custodia può costituire un “caso fortuito” idoneo ad escludere o limitare la responsabilità del custode ai sensi dell’art. 2051 c.c., quando abbia due caratteristiche: sia stata colposa e qualora non fosse prevedibile da parte del custode. In questo senso si è espresso anche il Tribunale Roma sez. XIII, 17/12/2019, n. 24121.

Grava sulla parte danneggiata l’onere di provare l’esistenza di un valido nesso causale tra la cosa e il danno, mentre il custode ha l’onere di provare che il danno non è stato causato dalla cosa, ma dal caso fortuito, che può essere costituito da un evento imprevedibile, dal fatto del terzo o anche dal fatto dello stesso danneggiato. In questo senso anche Corte appello Napoli sez. IX, 05/12/2019, n.5881.

Sempre nel solco della valutazione della condotta della parte danneggiata si inserisce una recente sentenza del Tribunale Milano sez. I, 13/11/2019, n.10327 con la quale ha statuito che nell’ambito del caso fortuito è da ricondurre la condotta incauta della vittima, che assume rilievo ai fini del concorso di responsabilità ai sensi dell’art. 1227, comma 1, c.c. e tale condotta deve essere valutata sulla base di un accertamento in ordine alla sua effettiva incidenza causale rispetto all’evento dannoso, che può determinare anche una riduzione della responsabilità dell’ente proprietario.

 

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di Avv. Stefano Carlo Ferrari

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