L'assegno di divorzio è posto a tutela dell'eguaglianza tra i coniugi


L'assegno di divorzio si determina tenendo conto delle concrete ed effettive scelte che i coniugi abbiano concordemente adottato anche in epoca precedente al matrimonio
L'assegno di divorzio è posto a tutela dell'eguaglianza tra i coniugi

La determinazione dell’assegno di divorzio risente in modo determinante del contributo che il coniuge richiedente dimostri di avere dato alla formazione del patrimonio comune in ambito famigliare nonché alla crescita economica personale del coniuge, il quale abbia in qualche modo beneficiato dei sacrifici del coniuge richiedente.

In altri termini, se mediante la rinuncia a concrete possibilità di avanzamento professionale, in funzione, ad esempio, della cura dei figli, o, ad esempio mediante la riduzione dell’orario di lavoro, con altrettante inevitabili conseguenze in ambito previdenziale, ancora in funzione delle esigenze della famiglia, il coniuge richiedente l’assegno di divorzio abbia effettivamente contribuito alla crescita economica della famiglia, tutto ciò influisce sul riconoscimento e sulla determinazione dell'assegno di divorzio.

La più recente giurisprudenza riconosce che va riconosciuto l'assegno divorzile «qualora la differenza reddituale tra le parti sia ancora rilevante e trovi origine nelle scelte endofamiliari assunte in costanza di convivenza, in considerazione delle quali il coniuge economicamente debole si sia dedicato prevalentemente alla famiglia così sacrificando il lavoro con riflessi negativi anche sul futuro trattamento pensionistico» [Tribunale di Udine, Ordinanza del 19 luglio 2023]; così anche implica il riconoscimento dell’assegno divorzile con funzione perequativo – compensativa il caso in cui sia stata dimostrata «la dedizione alle esigenze della famiglia negli anni della tenera età dei figli» che abbia consentito all’altro coniuge di crescere nella propria attività lavorativa [Tribunale di Ravenna, 20 ottobre 2023]; «ai fini del riconoscimento dell’assegno divorzile, ciò che deve essere dimostrato è che il coniuge economicamente più debole abbia sacrificato occasioni lavorative o di crescita professionale per dedicarsi alla famiglia, senza che sia necessario indagare sulle motivazioni strettamente individuali ed eventualmente intime che hanno portato a compiere tale scelta, che, comunque, è stata accettata e, quindi, condivisa dal coniuge» [Cassazione civile, sez. I, ordinanza 4 ottobre 2023, n.27945]; infine «spetta l’assegno divorzile alla ex moglie che in costanza di matrimonio ha contribuito alla formazione del patrimonio personale dell’ex marito» [Cass. 06 ottobre 2023 n. 34711].

La condivisione delle scelte tra i coniugi in funzione della crescita della famiglia si realizza nel quadro del principio di uguaglianza sancito all’art. 29 della Costituzione ove è stabilito che «La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio. Il matrimonio è ordinato sull'uguaglianza morale e giuridica dei coniugi, con i limiti stabiliti dalla legge a garanzia dell'unità familiare».

L’uguaglianza risulterebbe compromessa laddove le scelte condivise in costanza di matrimonio ricadessero in via esclusiva o anche sol prevalente sulla posizione del coniuge il quale le abbia rese possibili con il proprio sacrificio personale ed economico.

Al momento in cui il matrimonio finisce il peso di quelle scelte deve evidentemente essere condiviso in capo ad entrambi i coniugi e la modalità più efficace di ottenere questo risultato è certamente quella di un assegno che compensi il coniuge il quale abbia maggiormente contribuito mediante il proprio apporto a vantaggio anche dell’altro.

Le scelte in funzione del crescita della famiglia possono essere state condivise anche in epoca precedente al matrimonio, durante la convivenza prematrimoniale, salvo successivamente confluire ne matrimonio stesso, e ciò merita di essere considerato al momento in cui deve determinarsi l’importo dell’assegno divorzile.

«Ai fini dell’attribuzione e della quantificazione (ai sensi dell’art. 5, comma 6, l. n. 898/1970), dell’assegno divorzile, avente natura, oltre che assistenziale, anche perequativo – compensativa, nei casi peculiari in cui il matrimonio si ricolleghi a una convivenza prematrimoniale della coppia, avente i connotati di stabilità e continuità, in ragione di un progetto di vita comune, dal quale discendano anche reciproche contribuzioni economiche, laddove emerga una relazione di continuità tra la fase «di fatto» di quella medesima unione e la fase «giuridica» del vincolo matrimoniale, va computato anche il periodo della convivenza prematrimoniale, ai fini della necessaria verifica del contributo fornito dal richiedente l’assegno alla conduzione familiare e alla formazione del patrimonio comune e personale di ciascuno dei coniugi, occorrendo vagliare l’esistenza, durante la convivenza prematrimoniale, di scelte condivise dalla coppia che abbiano conformato la vita all’interno del matrimonio e cui si possano ricollegare, con accertamento del relativo nesso causale, sacrifici o rinunce, in particolare, alla vita lavorativa/professionale del coniuge economicamente più debole, che sia risultato incapace di garantirsi un mantenimento adeguato, successivamente al divorzio».

Lo stabilisce la Cassazione Sezioni Unite con la sentenza n. 35385, depositata in data 18 dicembre 2023.

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di Giuseppe Mazzotta

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