Breve guida alla separazione: modalità, tempi e costi

La convivenza forzata imposta dalle misure per il contenimento dell’epidemia di Covid 19 ha messo molti coniugi davanti all’evidenza della perfetta estraneità del partner e di un matrimonio non più funzionante. Purtroppo i casi di cronaca mostrano che oltretutto non sono mancate tragedie di violenze domestiche, talvolta culminate con il decesso di uno dei coniugi ad opera dell’altro.
Al fine di evitare che le situazioni domestiche possano degenerare in tragedie, sarebbe opportuno che la coppia (o il singolo coniuge) accortosi dell’impossibilità di proseguire la vita coniugale (per divergenze inconciliabili, incompatibilità caratteriali, progetti di vita mutati col tempo, ecc.) si rivolgesse a professionisti in grado di accompagnarli in questo percorso emotivamente molto difficile.
Un buon avvocato sarà, infatti, in grado di suggerire la soluzione tra quelle che di seguito verranno proposte maggiormente indicata per il singolo caso.
La separazione in Comune
La situazione ideale sarebbe che entrambi i coniugi decidano consensualmente di separarsi, senza ostinarsi in prese di posizione che nella maggior parte dei casi non porteranno vantaggi a nessuno dei due. In questa ipotesi una coppia che fosse senza figli minorenni o senza figli maggiorenni disabili/incapaci o non economicamente autosufficienti, potrà rivolgersi direttamente all’ufficiale di stato civile presso il proprio Comune di residenza.
L’intera procedura si svolgerà in assenza di avvocati (quindi, con un considerevole risparmio economico) in due diversi incontri davanti all’ufficiale di stato civile del Comune. In occasione del primo incontro questi si occuperà della stesura dell’accordo di separazione sulla base di quanto riferitogli direttamente dai coniugi. L’accordo non potrà in alcun modo contenere trasferimenti patrimoniali circa la divisione dei beni dei coniugi (immobili, conti correnti, arredi e corredi ecc.), aspetti che tuttavia gli stessi potranno risolvere autonomamente tra loro con una scrittura privata. L’unica statuizione di natura economica che può essere inserita nell’accordo di separazione è la previsione di un assegno di mantenimento per uno dei coniugi.
Una volta steso l’accordo l’ufficiale di stato civile rinvia i coniugi ad un successivo appuntamento che non potrà avvenire prima che siano trascorsi almeno 30 giorni. In tale sede questi dovranno confermare la loro intenzione di separarsi secondo le condizioni previste dall’accordo (in sostanza, prima di un passo tanto importante, i coniugi vengono costretti ad una pausa di riflessione).
Questa tipologia di separazione presenta gli indubbi vantaggi di costi molto ridotti (marca da bollo da 16,00 euro) e tempi rapidi.
La negoziazione assistita
L’esperienza insegna che i casi in cui sia possibile procedere con la separazione direttamente in Comune sono alquanto limitati; molto spesso infatti le coppie hanno figli minori o figli maggiorenni disabili/incapaci o comunque non autosufficienti economicamente e pertanto non posso accedere a questo strumento.
Il legislatore ha comunque voluto trovare anche per loro una soluzione che non preveda il coinvolgimento del tribunale, ma esclusivamente di un avvocato per ciascuna parte. I rispettivi legali, dopo aver esperito un tentativo di conciliazione, provvederanno, quindi, a redigere una convenzione di negoziazione assistita sulla base degli accordi raggiunti dai coniugi. La convenzione potrà contenere anche disposizioni patrimoniali (divisione di beni e conti correnti) e prevedere assegni di mantenimento per i coniugi e per la prole.
Al fine di garantire i diritti dei figli minorenni o maggiorenni non autosufficienti, disabili o incapaci, viene previsto che la convenzione sottoscritta dai coniugi assieme ai loro legali debba essere sottoposta al pubblico ministero presso la competente procura della repubblica che valuti il rispetto dei diritti di tali soggetti. Una volta ottenuto il nullaosta da parte del PM, entro 10 giorni (pena pesanti sanzioni) i legali delle parti dovranno provvedere a trasmettere la convenzione all’Ufficio di Stato Civile del Comune perché la separazione venga trascritta.
Nel caso in cui uno dei coniugi venga meno agli accordi presi in sede di negoziazione assistita, questa potrà essere munita della c.d. formula esecutiva dal tribunale competente e potrà costituire titolo per l’esecuzione forzata.
Il divorzio consensuale in Tribunale
I coniugi che di comune accordo scelgono di separarsi potranno anche optare per la via più tradizionale che prevede il deposito di un ricorso presso il Tribunale e l’udienza davanti al presidente della sezione.
In questa ipotesi marito e moglie potranno rivolgersi ad un legale scelto di comune o ciascuno ne potrà indicare uno di propria fiducia che lo assista e lo rappresenti nelle trattative che precedono il deposito del ricorso.
Come è ovvio che la scelta di un unico legale per entrambi (cosa non possibile in sede di negoziazione assistita) consente un considerevole risparmio economico, ma impone ai coniugi di mantenere un buon dialogo che permetta loro di raggiungere un accordo giacché in tale sede il legale scelto avrà un ruolo di consulente/mediatore.
Diversamente, qualora ciascuno dei coniugi abbia indicato un proprio legale di fiducia, saranno questi ultimi a condurre le trattative sulla base delle istruzioni ricevute dal proprio cliente e cercando il massimo vantaggio per lo stesso.
In entrambi i casi, una volta raggiunto l’accordo, verrà steso un unico ricorso che conterrà le condizioni di separazione e verrà sottoscritto dai coniugi e dall’avvocato (o dagli avvocati). Il ricorso verrà poi depositato presso il tribunale territorialmente competente e verrà fissata un’udienza dinnanzi al presidente dell’apposita sezione.
In occasione di tale udienza i coniugi dovranno comparire personalmente assieme ai loro legali, il presidente tenterà la conciliazione e successivamente leggerà le condizioni indicate nel ricorso depositato che dovranno essere confermate personalmente dalle parti. Dell’udienza verrà redatto un verbale (c.d. verbale di separazione) che sarà oggetto di successiva omologa da parte di un collegio formato da tre giudici. Il verbale e il decreto di omologa verranno poi trasmessi all’Ufficio di Stato Civile affinché la separazione venga regolarmente trascritta.
Inoltre, i medesimi atti possono essere agevolmente muniti di formula esecutiva ed essere utilizzati per procedere con l’esecuzione forzata nei confronti della parte che non dovesse rispettarne le condizioni.
La separazione giudiziale
Qualora i coniugi non riescano a trovare un accordo sulle condizioni di separazione o se una delle parti intenda addebitare la colpa del fallimento del matrimonio all’altra (es. in caso di tradimenti), non rimane altra soluzione che procedere in via giudiziale rivolgendosi ad un avvocato di fiducia.
La parte che intende intraprendere questa via tramite il proprio legale dovrà depositare in tribunale un ricorso contenente le ragioni della fine del matrimonio e le proprie richieste di natura patrimoniale (divisione dei beni e assegni di mantenimento). Il presidente del tribunale, letto il ricorso provvede a fissare un’udienza alla quale dovranno comparire entrambi i coniugi assistiti dai rispettivi difensori. Tale decreto di fissazione di udienza viene comunicato dalla cancelleria al legale del coniuge ricorrente, il quale dovrà provvedere a notificarlo direttamente all’altro coniuge entro il termine assegnato.
Il destinatario della notifica dovrà, quindi, rivolgersi ad un proprio avvocato affinché ne tuteli le ragioni e diritti e provveda a depositare la comparsa di costituzione entro un termine indicato anch’esso nel decreto di fissazione di udienza.
All’udienza di comparizione il presidente di sezione provvederà ad esperire un tentativo di conciliazione e ad ascoltare i coniugi sia insieme sia separati in modo da poter formulare una proposta che consentirebbe la conversione della separazione da giudiziale a consensuale.
Nel caso in cui questa conciliazione riesca, viene stilato un verbale di separazione che verrà mandato al collegio per la sua omologa e il tutto si conclude, mentre, qualora non sia possibile raggiungere un accordo, il presidente adotta eventuali provvedimenti temporanei (es. circa il mantenimento) e nomina un giudice istruttore dinnanzi al quale rimette le parti assegnando loro un termine per il deposito di memorie difensive.
Dinnanzi al giudice istruttore nominato si svolge, quindi, un processo a cognizione piena, caratterizzato da una durata certamente non breve, da una grande impegno e da costi importanti (in particolare per le spese dei rispettivi avvocati) e che si concluderà con una sentenza.
Conclusione
In conclusione non esiste una soluzione che in termini assoluti possa essere indicata come la migliore; è infatti evidente che ogni situazione presenti delle proprie peculiarità che inevitabilmente indirizzeranno coniugi e avvocati verso la procedura che meglio le si addice. Per questo motivo, prima di prendere una qualsiasi decisione, è sempre meglio rivolgersi ad un avvocato che certamente saprà guidare al meglio il proprio assistito in un momento tanto difficile della propria vita.
E il divorzio?
Una volta ottenuta la separazione i coniugi potranno chiedere il divorzio una volta trascorsi sei mesi in caso di separazione fatta in comune o tramite negoziazione assistita o dal giorno della comparizione davanti al presidente del tribunale in caso di separazione consensuale (idem per la separazione giudiziale convertita in consensuale).
Dovranno, invece, attendere almeno 12 mesi dalla prima udienza di comparizione i coniugi separatisi con rito giudiziale non convertito (ipotesi comunque assai irrealistica: è infatti molto improbabile che una separazione giudiziale possa concludersi in un solo anno).
Per maggiori informazioni o richieste non esitare a contattarmi per una consulenza.
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