Vietato vendere i derivati della cannabis light


Coltivare canapa per i fini di legge non autorizza il commercio al pubblico dei suoi derivati come foglie, inflorescenze, olio o resina
Vietato vendere i derivati della cannabis light

Importante chiarimento quello offerto dalle Sezioni Unite della Suprema Corte riguardo la diffusa commercializzazione dei derivati della Cannabis Sativa L. da parte di negozi, proliferati negli ultimi anni, in forza di una legge che sembrava ammetterne la liceità.

Con la sentenza n. 30475/2019 la Corte di Cassazione ha delimitato l’ambito applicativo dell’art. 2 della L. 242/2016, restringendolo alle condotte di coltivazione di alcune piante, tra cui la canapa della varietà sativa L. (cd. Cannabis Light), entro un valore massimo di THC pari allo 0,6% ed esclusivamente per i fini specificamente previsti dal disposto normativo.

Tra questi ultimi non rientra la vendita e commercializzazione al pubblico dei derivati della coltivazione, per due ordini di ragioni; la prima è che tale condotta non è espressamente prevista dal legislatore e, quindi, non può essere scriminata al pari della coltivazione. Il secondo motivo è che durante la maturazione le piante possono subire incrementi nei livelli di THC rispetto a quelli rilevati all’atto della coltivazione.

Ne deriva che, ad avviso delle Suprema Corte a Sezioni Unite, la vendita di foglie o inflorescenze, olio o resina etc…derivati da canapa non è lecita ed integra il reato di cui all’art. 73 D.P.R. 309/1990, anche se inferiore al livello di THC dello 0,6 %, che, al contrario, può scriminare la condotta di coltivazione.

E’ evidente che, in ogni caso, occorrerà valutare l’efficacia drogante o psicotropa della sostanza venduta per ritenere integrato o meno il reato di cui all’art. 73 D.P.R. 309/1990.

Tale sentenza avrà indubbie ripercussioni sulle attività dei numerosi shop nati negli ultimi anni proprio con l’intento di commercializzare i derivati della Cannabis Sativa L.

Sarebbe auspicabile un intervento normativo del legislatore che possa chiarire e regolamentare, almeno in via transitoria, l’attività degli shop ancora esistenti.

 

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di Avv. Manuela Martinangeli

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