"Non è mio figlio! Non voglio pagare per lui!": quali obblighi ho?

Il nostro ordinamento, partendo dal principio costituzionale dell’art. 30 Cost. e attraverso le norme codicistiche rafforzate dalle più recenti riforme legislative (L. 54/2006; L. 219/2012; D.Lgs. 154/2013), ha sempre attribuito ad ENTRAMBI I GENITORI il dovere di “mantenere, istruire ed educare i figli”.
Inizialmente, prima che il diritto di famiglia fosse ampiamente innovato ed adeguato al mutamento delle usanze e dei costumi del tempo, la legge attribuiva diritti diversi ai figli legittimi (nati all’interno del matrimonio) e ai figli naturali (nati in assenza di vincolo coniugale) .
Nell’ottica di dare esecuzione al principio di uguaglianza di cui all’art. 3 della nostra Costituzione, il legislatore iniziava un percorso di rivoluzione terminato (momentaneamente) nel 2013, provvedendo all’adeguamento della disciplina della filiazione, alla sua uniformità, e alla introduzione della “responsabilità genitoriale” in luogo della “potestà genitoriale”.
Il primo importante passo verso la parificazione dei diritti tra i figli nati all’interno del matrimonio e quelli nati tra genitori non legati da vincolo coniugale, veniva effettuato dalla L. 54/2006 ma è soltanto con la Riforma del 2012 che viene abolita la differente terminologia e superata la differenza tra filiazione naturale e filiazione legittima.
Permane, invece,la distinzione tra filiazione riconosciuta e filiazione non riconosciuta.
A tal proposito bisogna distinguere tra:
- PRESUNZIONE DI PATERNITA’: Anche in seguito alla riforma, nel nostro ordinamento opera una presunzione di paternità solo con riferimento ai figli nati in costanza di matrimonio. Tale presunzione continua a non essere estensibile ai figli naturali, ossia quelli nati fuori dal matrimonio.
Questo significa che se nasce un bambino tra due persone sposate, la responsabilità genitoriale ricadrà in automatico sui due coniugi, mentre laddove i genitori non fossero uniti da matrimonio, sarà necessario operare il riconoscimento del bambino.
- RICONOSCIMENTO: Il riconoscimento di un figlio nato fuori dal matrimonio può essere fatto da uno solo dei genitori oppure da entrambi, e può essere contenuto nell’atto di nascita, in una dichiarazione successiva alla nascita o al concepimento, resa innanzi a un ufficiale di stato civile, in atto pubblico redatto innanzi a Notaio o Pubblico Ufficiale, o anche in testamento. E’ prassi frequente che all’interno della struttura ospedaliera ove avvenga il parto, si provveda alla compilazione della scheda di nascita con la annotazione della paternità del minore e i documenti vengano trasferiti all’Ufficio Comunale di stato civile, ove i genitori si recano nei giorni successivi per la formalizzazione dell’atto di nascita.
Il riconoscimento non può essere subordinato ad alcuna condizione ed è un atto IRREVOCABILE.
Tuttavia, se vengono meno i presupposti di veridicità del riconoscimento, è esperibile azione di disconoscimento:
- del figlio nato all’interno del matrimonio: anche rispetto al figlio legittimo, in presenza di seri e concreti presupposti, è possibile esperire azione di contestazione laddove la genitorialità effettiva non coincida con quella presunta ex lege;
- del figlio nato in assenza di vincolo coniugale ma che si era originariamente riconosciuto come proprio;
Può accadere, inoltre, che la attribuzione della paternità di un minore non sia così pacifica o che venga disconosciuta dal presunto padre.
Nel primario interesse del minore, è possibile procedere con la DICHIARAZIONE GIUDIZIALE DI PATERNITA’, che serve a dichiarare la paternità di una filiazione, laddove manchi lo spontaneo riconoscimento.
E’ importante precisare che gli obblighi morali ed economici connessi alla responsabilità genitoriale operano automaticamente solo nei confronti dei figli nati all’interno del matrimonio e di quelli nati al di fuori di tale vincolo, ma riconosciuti da entrambi i genitori.
In assenza di riconoscimento da parte del padre naturale (tale o ritenuto tale), questi NON è obbligato al mantenimento del minore e in caso di disinteressamento NON opera la previsione di cui all’art. 570 c.p..
- “L’obbligazione penalmente rilevante ex art. 570 co. 2 c.p. in capo al padre naturale di non far mancare i mezzi di sussistenza al figlio minore non nato in costanza di matrimonio presuppone la prova della filiazione da acquisirsi mediante l’atto di riconoscimento formale ovvero mediante altro modo consentito” Cass. sez. 6° Sent. n. 15952 del 2012
E’ bene ricordare, tuttavia, che una eventuale sentenza dichiarativa di filiazione, pone a carico del genitore riconosciuto tale TUTTI i diritti e doveri genitoriali, incluso l’ obbligo di mantenimento SIN DALLA NASCITA, istituendo in capo al genitore che sino a quel momento ha sostenuto da solo le spese del mantenimento, la facoltà di esperire azione di regresso nei confronti del genitore dichiarato tale.
Nella sentenza dichiarativa di filiazione, il Tribunale provvede anche a disciplinare gli oneri di mantenimento nell’interesse del minore, MA LA AZIONE DI REGRESSO E’ AUTONOMA E DEVE ESSERE ESERCITATA CON SEPARATO ATTO e PERSONALMENTE dal genitore che per primo aveva effettuato il riconoscimento.
Diversamente, invece, laddove operi una presunzione di paternità oppure quando è stato effettuato il riconoscimento del figlio naturale, la previsione di cui all’art. 570 c.p. opera sempre.
- “La persona tenuta agli obblighi di assistenza familiare non può liberarsi dagli stessi adducendo che il minore cui si fanno mancare i mezzi di sussistenza non sia figlio proprio. Ciò fino a quando la paternità non sia disconosciuta nelle forme di legge, ossia fino a quando non sia passata in giudicato la sentenza del giudice civile che accolga la relativa domanda giudiziale”. Cass. sez. 6; sent. 3893/1999 conf. Sent. n. 8998/2010
In questa ipotesi, quindi, resta passibile di denuncia la condotta omissiva ripetto agli obblighi di mantenimento, fino al passaggio in giudicato della sentenza che accoglie la domanda giudiziale di disconoscimento di paternità.
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