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Le Indagini di polizia tributaria nel divorzio


Procedimento per divorzio.
Fase istruttoria.
Richiesta Indagini Polizia Tributaria.
Circostanze.
Provvedimento del Giudice.
Le Indagini di polizia tributaria nel divorzio
Le indagini di Polizia Tributaria nel processo di divorzio

L’art. 5 comma 9 della L. 898/1970 consente al giudice di disporre - d’ufficio o su istanza di una o di entrambe le parti - indagini sui redditi, sui patrimoni e sull’effettivo tenore di vita, valendosi, se del caso, anche della Polizia Tributaria.

Accade frequentemente che una parte, vedendosi riconoscere un assegno di mantenimento che non corrisponde alle proprie aspettative e/o nutrendo dubbi su quanto documentato dall’altra parte in relazione al proprio patrimonio, si avventuri, spesso quasi d’istinto, nella seguente affermazione: "Ed allora, io chiedo al giudice di disporre le opportune indagini di Polizia Tributaria": e ciò, nell’intento di ricostruire l’effettiva consistenza reddituale e patrimoniale della controparte che, ovviamente, si ritiene sostanzialmente più capiente rispetto a quanto dimostrato fino a quella precisa fase processuale.

Con l’ordinanza n. 4292/2017, la Suprema Corte è intervenuta nuovamente sui rapporti tra oneri istruttori spettanti alle parti e poteri di indagine del giudice nel processo di divorzio, con particolare riguardo alle indagini di Polizia Tributaria.

L’esercizio del potere del giudice di disporre le indagini patrimoniali avvalendosi della Polizia Giudiziaria costituisce una deroga alle regole generali sull’onere della prova; tuttavia, la parte richiedente, in ossequio ai principi sull’onere della prova, è tenuta a fornire al giudice una serie di elementi che possano indurre il giudice stesso a ritenere necessario tale mezzo istruttorio. Del resto, è ormai giurisprudenza univoca e consolidata (si vedano tra le altre Cass. 11415/2014 e Cass. 14336/2013) che l’esercizio di tale potere non rappresenta un dovere imposto sulla base della mera contestazione delle parti in ordine alle loro rispettive condizioni economiche, cosicché la relativa istanza deve basarsi su fatti specifici e circostanziati. È necessario che la parte richiedente alleghi indizi univoci dai quali desumere una difformità fra la condizione reddituale rappresentata e dichiarata dal convenuto e le sue effettive e reali entrate. La stessa Corte precisa che il potere di disporre le indagini avvalendosi della Polizia Tributaria rientra nella piena discrezionalità del giudice, ma non può sopperire alla totale mancanza probatoria della parte onerata.

Risulta dunque inammissibile una richiesta di parte volta a richiedere al giudice di disporre tale tipo di indagini con finalità meramente esplorative: errore, questo, che più degli altri caratterizza le domande volte all’ingresso di tale mezzo istruttorio nel processo (in particolare ciò accade assai frequentemente trovandosi di fronte ad una controparte che svolta attività in proprio: in tali circostanze si cade nella tentazione di chiedere l’intervento della Polizia tributaria sul semplicistico assunto che, in questi casi e differentemente dal dipendente, tali soggetti possano più facilmente nascondere o omettere redditi cospicui).

Nella citata ordinanza la Suprema Corte ha per di più affermato che il giudice può decidere, sulla base della documentazione presentatagli, di rigettare l’istanza relativa alle indagini di Polizia Tributaria: tuttavia, di tale rigetto deve fornire adeguata motivazione in merito e non può limitarsi ad una valutazione implicita di superfluità o verosimiglianza dei dati forniti dall’altro coniuge.

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L'autore è esperto in Diritto di famiglia
Avv. Gianfranco Tripodi
VIA MARZIALE CERUTTI 11
25017 - Lonato del Garda (BS), Lombardia


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