La responsabilità del medico, il consenso informato


Il mancato consenso informato genera una responsabilità del medico autonoma dal buon o dall’errato esito della prestazione sanitaria
La responsabilità del medico, il consenso informato

 

 

 

Cos’è il consenso informato?

Per consenso informato si intende l’obbligo giuridicamente sanzionato, gravante sul medico, di informare il paziente su tutto ciò che lo riguarda da un punto di vista sanitario (patologia, eventuali cure, rischi di trattamento e o intervento sanitario, etc.).

Il principio di tale obbligo sta nel riconoscimento al malato del diritto all’autodeterminazione, mediante la scelta consapevole su tutto ciò che riguarda la propria salute.

 

 

La natura giuridica del consenso informato

L’importante sentenza della Corte di Cassazione n° 7027/2001 riconosce il consenso informato come un obbligo cui è tenuto il medico in via autonoma rispetto all’obbligo di prestazione principale. In quanto oggetto di una specifica previsione costituzionale esso non ha, infatti, carattere strumentale o accessorio.

Il consenso informato è regolato direttamente dalla carta costituzionale. Nello specifico è l’articolo 13 della Costituzione a prevedere il diritto all’autodeterminazione come espressione del diritto alla salute (ex articolo 32 della Cost.). La libertà della persona, infatti, include la libertà di autodeterminarsi, finanche in ordine ad atti che potrebbero coinvolgere il proprio corpo e, quindi, anche il diritto a rifiutare le cure (in particolare, vi sono due limiti a siffatta libertà: uno di ordine formale, l’altro di ordine sostanziale; tali sono la previsione legislativa di trattamenti sanitari obbligatori e il dovere di rispettare la dignità della persona).

Corollario di ciò è il diritto ad una informazione corretta.

Al di fuori dell’ambito legislativo, poi, alla regola del consenso è dedicato il capo IV° del codice di deontologia medica del 2006, nonché il capo III della Convenzione di Oviedo (Convenzione per la protezione dei Diritti dell’Uomo e della dignità dell’essere umano nei confronti dell’applicazione della medicina; Convenzione sui Diritti dell’Uomo e la biomedicina, 4 Aprile 1997).

Nel campo del diritto internazionale, il principio del consenso informato ha trovato applicazione e affermazione nel testo del “Progetto per la convenzione e per la protezione dei diritti dell’uomo e della dignità dell’essere umano relativo  all’applicazione in materia biologica e della medicina” elaborato dal comitato per la bioetica dell’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa. Tale testo è stato recepito in Italia con la Legge n° 145 del 2001, che all’articolo 5 stabilisce che “nessun intervento medico in materia di salute può essere effettuato su una persona senza il suo consenso informato, libero, esplicito e specifico”.

 

 

Le modalità di prestazione del consenso informato

Il consenso deve essere prestato personalmente dal paziente.

Rientra nella prassi medica, tuttavia, l’informazione sulle condizioni di salute del paziente ai familiari: questo è considerato un adempimento di un dovere morale, ma non giuridico del medico.

L’informazione a terzi è, invece, un dovere giuridicamente prescritto nei casi in cui essi rivestano nei confronti del paziente una particolare posizione giuridica: è, ad esempio, il caso dei genitori del minore o dei tutori dell’interdetto.

Bisogna esaminare, tuttavia, la tendenza diffusa a ricercare il consenso dell’interessato anche nei casi in cui il paziente sia un minore di età: qualora, infatti, l’intervento chirurgico o il trattamento sanitario non siano complessi, si richiede anche il consenso del minore. In questo caso è richiesta non la capacità di agire, ma la capacità di intendere e di volere, che si ha nella minore età e che stabilisce il diritto di auto determinarsi.

Al di là delle ipotesi della prestazione del consenso da parte di terzi, si può prescindere dal consenso del malato solo quando quest’ultimo versi in uno stato di necessità di cui all’articolo 54 del codice penale (ovvero il paziente sia in condizioni di incoscienza e manchino i prossimi congiunti): in tale ipotesi il medico non ha una facoltà, ma uno specifico dovere di cura.

 

 

Caratteristiche e contenuto del consenso informato

L’informativa sul consenso informato deve essere, in primo luogo, chiara e assolutamente intelligibile per il paziente: è il medico che deve trovare la forma più idonea affinché il malato capisca la portata del trattamento sanitario.

Il linguaggio usato dal medico deve essere comprensibile per il paziente pur usando la terminologia tecnica (non vi sono problemi in tal senso se lo stesso paziente è un medico).

Il medico deve fornire al paziente la più idonea informazione sulla diagnosi, sulla prognosi, sulle prospettive e le eventuali alternative diagnostiche-terapeutiche e sulle prevedibili conseguenze delle scelte operative come previsto dall’articolo 33 del codice di deontologia medica (“Informazione al cittadino”) che recita: “Il medico deve fornire al paziente la più idonea informazione sulla diagnosi, sulla prognosi, sulle prospettive e le eventuali alternative diagnostico terapeutiche e sulle prevedibili conseguenze delle scelte operate. Il medico dovrà comunicare con il soggetto tenendo conto delle sue capacità di comprensione, alfine di promuoverne la massima partecipazione alle scelte decisionali e l’adesione alle proposte diagnostico terapeutiche. Ogni ulteriore richiesta di informazione da parte del paziente deve essere soddisfatta. Il medico deve, altresì, soddisfare le richieste di informazione del cittadino in tema di prevenzione. Le informazioni riguardanti prognosi gravi o infauste o tali da poter procurare preoccupazione e sofferenza alla persona, devono essere fornite con prudenza, usando terminologie non traumatizzanti e senza escludere elementi di speranza. La documentata volontà della persona assistita di non essere informata o di delegare ad altro soggetto all’informazione deve essere rispettata”.

L’informazione, quindi, non deve mai essere generica, bensì dettagliata ed analitica, dovendo tener conto non solo del contenuto del trattamento o dell’intervento chirurgico da realizzare, ma di tutto ciò che precede e segue l’attività medica. Il medico dovrà, quindi, dare spiegazioni in primo luogo sul significato della diagnosi, presupposto dell’intervento medico; in secondo luogo, sulle motivazioni dell’opzione terapeutica - chirurgica da lui scelta e, quindi, sul trattamento in senso stretto (le fasi in cui si articola il trattamento e la durata del trattamento sanitario stesso); infine, sulle conseguenze che prevedibilmente ci si dovrà attendere dal trattamento sanitario.

In prevalenza (sentenza della Corte di Cassazione n° 14638/2004) si ritiene, invece, che si collochino al di fuori del contenuto dell’informazione che il medico è tenuto a dare al paziente i c.d. esiti anomali, cioè delle conseguenze dell’intervento medico chirurgico che si pongono oltre i limiti. Si vuole, infatti, evitare che il paziente sia indotto ad una scelta terapeutica meno adeguata alle sue condizioni patologiche, dal timore di conseguenze svantaggiose la cui verificazione sia, in realtà molto remota.
Il consenso deve essere attuale, cioè deve essere dato e valido per tutta la durata della pratica medica ed estendersi anche fino alla fase post operatoria.

 

 

La forma del consenso informato

In mancanza di una espressa previsione legislativa, si fa riferimento all’articolo 35 del codice della deontologia medica, secondo il quale il consenso va espresso in forma scritta nei casi previsti dalla legge e nei casi in cui per la particolarità delle prestazioni diagnostiche e/o terapeutiche o delle possibili conseguenze delle stesse sulla integrità fisica si rende necessaria una manifestazione del consenso documentata. Il consenso così documentato è integrativo del processo informativo di cui all’articolo 33 del codice di deontologia sopra riportato.

La forma del consenso è libera, fatta eccezione per quei casi di interventi di particolare complessità per i quali è richiesta la forma scritta.

È abitudine ormai fondata acquisire il consenso tramite formulari prestampati, che il paziente si deve limitare a firmare. Ma è comunque importante fornire al paziente una esaustiva informazione e non potrà mai mancare un momento di confronto orale tra medico e paziente in maniera da chiarire ogni dubbio di quest’ultimo sul contenuto del formulario (questo sempre secondo il contenuto dell’articolo 33 del codice deontologico medico).

 

 

La ripartizione dell’onere probatorio

Valgono, generalmente, le osservazioni già svolte nel mio precedente articolo “Responsabilità del medico o responsabilità medica?” sulla piena applicabilità, in virtù della riconduzione ad unità nell’area contrattuale della responsabilità del medico della disciplina ex contratto. Troverà, quindi, applicazione il cosiddetto principio di vicinanza o riferibilità della prova, in virtù del quale compete al medico, che è in possesso degli elementi utili per paralizzare le pretesa  del creditore, provare la diligenza nell’esecuzione della prestazione e la conseguente incolpevolezza dell’inadempimento (id est: l’impossibilità della prestazione per causa a lui non imputabile); e ciò in considerazione del fatto che l’esecuzione della prestazione consiste, di norma, nell’applicazione di regole tecniche, sconosciute al creditore/paziente in quanto estraneo al bagaglio della comune esperienza e specificamente proprie  di quello del debitore/medico  (nella fattispecie di una professione protetta). Competerà, invece, al paziente l’onere di allegare l’inesattezza dell’adempimento.

Applicando queste regole al caso specifico dell’omessa informazione, ne deriva che sul medico graverà l’onere di aver fornito un’adeguata informazione al paziente e di averne conseguito un valido consenso, mentre il paziente è tenuto a provare che l’informazione è stata insufficiente.

Bisogna a mio avviso osservare che, pur gravando sul medico l’onere di fornire la prova di aver dato una informazione corretta, spetterà sempre al paziente provare l’esistenza del nesso di causalità tra condotta medica ed evento dannoso: in mancanza di tale causalità, infatti, non sarà necessario accertare la valida acquisizione del consenso del paziente (in questo caso Sentenza della Corte di Cassazione 2044/2000).

 

 

La responsabilità del medico per omessa informazione

Tradizionalmente (Sentenza della Corte di Cassazione n 2439/1975) si riteneva che la mancanza di un valido consenso costituisse una mera circostanza aggravante della responsabilità del medico, accertata aliunde. Si reputava, cioè, indispensabile l’esistenza della responsabilità del professionista sotto il profilo della non diligente esecuzione della prestazione per poter attribuire rilevanza anche a quello dell’omessa informazione.

L’idea di fondo era che, qualora la prestazione medica fosse stata eseguita correttamente e nessun danno fosse stato causato al paziente, non si poteva riconoscere nessun tipo di responsabilità al medico per il solo fatto di non aver informato adeguatamente il paziente: nessuna conseguenza negativa vi era stata, infatti, sulla sua integrità fisica.

La riconduzione del consenso del paziente alla libertà di autodeterminazione ex artt. 13 e 32 Costituzione, invece, attribuisce all’obbligo del consenso informato un ruolo autonomo, all’interno della responsabilità del medico, rispetto alla diligenza nella esecuzione della prestazione.

Tappa fondamentale della evoluzione è costituita da una recente pronuncia della Corte di Cassazione n°5444 del 2006, con il titolo: “Autonomia della responsabilità del medico per omessa informazione” in cui si risponde alla domanda: “è possibile riconoscere una autonoma rilevanza della responsabilità del medico per omessa informazione, indipendentemente dalla correttezza della prestazione medica oggetto della prestazione principale?”.

Volendo argomentare l’iter logico della sentenza in esame si può riassumere:

1) Il consenso informato è espressione dei diritti della persona. Esso è regolato dal combinato esposto degli articoli 13 e 32 della Costituzione che riconosce il diritto alla autodeterminazione dei pazienti: affinché il diritto in parola si possa utilizzare è necessaria una adeguata informazione; l’omessa informazione, dunque, costituisce fonte autonoma di responsabilità del medico.

2) Una volta asserita l’autonomia di informazione rispetto alla diligente esecuzione della  prestazione medica, consegue che la correttezza o meno del trattamento non assume alcun rilievo ai fini della sussistenza dell’illecito per violazione dell’obbligo del consenso informato, in quanto la prestazione è del tutto indifferente, ai fini della configurazione della condotta omissiva dannosa e della ingiustizia del fatto, la quale esiste per la semplice ragione che il paziente, a causa del deficit  di informazione non è stato messo in condizioni di dare il parere favorevole al trattamento medico con una volontà consapevole delle sue conseguenze.

3) Accertata la esistenza di un rapporto di causalità tra esecuzione medica e conseguenze sulla integrità fisica del paziente, tale che l’aggravamento delle sue condizioni siano causa della prestazione medica, e accertata, altresì, una condotta omissiva nell’adempimento dell’obbligo di informazione circa le prevedibili conseguenze del trattamento cui il paziente è sottoposto, non avrà alcuna importanza, ai fini della imputabilità del professionista per omessa informazione, che la prestazione sia stata eseguita in maniera corretta.

In conclusione, si configura, dunque, una diversificazione di finalità tra obbligo principale di prestazione e quello di informazione: l’uno è riconducibile al diritto alla salute, l’altro alla tutela del diritto alla autodeterminazione, importante costituzionalmente. Due obblighi del professionista, cui corrispondono distinte fonti di responsabilità professionale e, conseguentemente, distinti titoli di risarcimento danni per responsabilità professionale del medico (relativa alla errata prestazione medica) e per omessa informazione del medico (relativa al mancato consenso informato).     

 

Articolo del:


di Avv. Raffaele Fiorillo

L'autore dell'articolo non è nella tua città?

Cerca un professionista con le stesse caratteristiche a te più vicino.

Cerca nella tua città o in una città di tuo interesse