La fine del "Quantitative Easing"

Le banche centrali usualmente agiscono sull'economia di un paese manovrando i tassi d'interesse con cui concedono moneta alle banche (nell'eurozona prima del 1999 il tasso d'interesse praticato dalla banca centrale alle banche era noto con il termine tasso ufficiale di sconto).
Quando ciò non è sufficiente può iniziare ad usare uno strumento di politica monetaria più penetrante come appunto il quantitative easing.
Il quantitative easing è stato adottato da alcune banche centrali, come la BCE , e prima ancora in altri Paesi, come Giappone, Stati Uniti ed Inghilterra, principalmente per contrastare l'inflazione eccessivamente bassa, onde evitare la deflazione.
Il QE messo in atto dalla Banca Centrale Europea è di tipo monetario, e per questo aspetto è radicalmente diverso dal quantitative easing nato negli Stati Uniti, in cui il Governo Federale ha largamente utilizzato i tassi zero sul debito pubblico per un massiccio programma di stimoli all'economia reale attraverso spesa pubblica diretta e minori tasse.
Una politica monetaria espansiva, allo scopo di stimolare la crescita economica e l'occupazione, tipicamente coinvolge le banche centrali nell'acquisto di titoli governativi con scadenza a breve termine, per abbassare gli interessi medi di breve termine presenti sul mercato.Tuttavia, quando gli interessi a breve termine sono prossimi al valore di zero, questo metodo non può più essere efficace per lungo tempo.In simili circostanze, le autorità monetarie possono continuare a ricorrere al quantitative easing per stimolare ulteriormente l'economia, tramite l'acquisto di attività aventi scadenza con orizzonte temporale più esteso di quelli a breve a termine, portando gli interessi di lungo termine al di fuori della curva dei rendimenti.
Torniamo ora alla cronaca di questi giorni: gli acquisti passeranno a 15 miliardi di euro al mese da ottobre a dicembre, ma i proventi dei titoli in scadenza verranno reinvestiti. I tassi invece dell’area euro rimarranno invariati almeno fino all’estate del 2019.
Quindi il quantitative easing terminerà a dicembre: gli acquisti continueranno al ritmo di 30 miliardi di euro al mese fino a settembre per poi passare a 15 miliardi fino a dicembre prima dello stop definitivo. Tuttavia, come previsto, i proventi dei titoli di stato arrivati a maturazione verranno reinvestiti per nuovi acquisti "per tutto il tempo in cui sarà necessario mantenere favorevoli condizioni di liquidità e un elevato livello di accomodamento monetario".
Nessuna novità sul fronte tassi. Rifinanziamento principale, rifinanziamento marginale e depositi presso la banca centrale restano rispettivamente a 0%, 0,25% e -0,40%. E rimarranno così, si legge nella nota diffusa dalla BCE, almeno fino all’estate 2019 e comunque "per tutto il tempo necessario ad assicurare che l’evoluzione dell’inflazione resti allineata con le attuali aspettative di una rotta sostenuta di aggiustamento" verso il 2%, il target ritenuto dalla bce l’obiettivo da perseguire.
Mario Draghi ha detto che l’intenzione è quella di "mantenere un certo grado di opzionalità" per accertarsi che i dati preliminari, a partire dall’inflazione, vengano poi confermati: "L’idea è di rimanere pazienti. Per quanto riguarda i rischi, crediamo che la situazione sia bilanciata. C’è incertezza geopolitica ma potrebbero arrivare sorprese positive dalla crescita USA e di alcuni paesi europei". Draghi ha poi fatto il punto sulla crescita e sull’inflazione. Le previsioni del PIL sono state confermate per il 2019 e 2020 (+1,9% e + 1,7%) mentre c’è stato un taglio su quella relativa al 2018, passata al 2,1% dal 2,4%. In aumento, invece, le stime per l’inflazione.
Ora c’è molta più chiarezza su tutte queste questioni (QE e politica dei tassi dell’area euro) e di conseguenza la volatilità ed i dubbi dei mercati potrebbero in qualche modo diminuire : i mercati detestano la carenza di comunicazione, soprattutto da un interlocutore importante come la banca centrale europea....
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