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La Cassazione apre al deposito di istanze penali via PEC


Dalla Cassazione un intervento favorevole al deposito con modalità telematiche di istanze difensive
La Cassazione apre al deposito di istanze penali via PEC

 

La Corte di Cassazione (Sezione III, 17.05.2018 n. 43184, depositata il 01.10.2018), nello scorso mese di ottobre, ha reso una decisione di particolare interesse con riferimento al deposito degli atti a mezzo PEC da parte dei difensori all’interno del procedimento penale. In particolare, intervenendo nel dibattito sulle modalità di deposito degli atti, ha ritenuto ammissibile, con una decisione per certi aspetti innovativa, il deposito di istanze proprio attraverso lo strumento telematico. 

Il caso di specie riguardava l’intervenuta richiesta di rinvio, da parte del difensore dell’imputato, dell’udienza celebrata in Corte d’Appello a seguito di adesione all’astensione proclamata da un’associazione di categoria, che non veniva presa in considerazione dalla stessa Corte che riteneva di nominare un difensore d’ufficio e, successivamente, emettere Sentenza di conferma della condanna nei confronti del ricorrente. 

Nel ripercorrere il dibattito formatosi in materia, la Suprema Corte ha ritenuto che l’invio di istanze a mezzo posta elettronica certificata  non è irricevibile inammissibile  (Sez. II, n. 47427 del 07/11/2014 - dep. 18/11/2014, Pigionanti, Rv. 26096301) al pari della comunicazione via fax. L’unico onere che incombe sul difensore è quello di accertarsi presso la Cancelleria (per contro, gli uffici giudiziari hanno la possibilità di procedere all’invio di atti e notifiche a mezzo PEC) dell’avvenuto ricevimento della comunicazione (pur avendo la PEC la stessa natura della raccomandata con avviso di ricevimento) e la trasmissione dell’atto al Giudice competente. Onere che, peraltro, la stessa Suprema Corte ritiene di difficile assolvimento, ritenendo dunque non configurabile una responsabilità per colpa professionale a carico del difensore medesimo: "nel caso in cui l'impedimento - improvvisamente ed inevitabilmente insorto - sia tale da precludere al difensore qualsiasi possibilità di attivazione, il medesimo è esentato dalle indicate verifiche, salvo l'onere di provare le circostanze che le hanno rese inattuabili" (Sez. I, n. 1904 del 16/11/2017 - dep. 17/01/2018, Deriù, Rv. 27204901). 

Prendendo dunque in considerazione quanto statuito in tema di procedimento di applicazione del DASPO, nel quale è ammesso il deposito di istanze e memorie a mezzo posta elettronica certificata (Sez. III, n. 14832 del 13/12/2017 - dep. 04/04/2018, Barzanti e altri, Rv. 27269201), si è ritenuto che anche nel corso delle udienze dibattimentali, e quindi nel procedimento penale ordinario, è possibile procedere all’invio di istanze con la stessa modalità. La questione è legata alle modalità di trasmissione degli atti presso le Cancellerie o le Segreterie e la posta elettronica certificata, in base al D.P.R. 11.02.2005 n. 68, ha valore legale (art. 2) parificato a quello della raccomandata con avviso di ricevimento. A quest’ultimo proposito, va evidenziato che l’art. 583 c.p.p. stabilisce che gli atti di impugnazione possono essere spediti anche a mezzo raccomandata con avviso di ricevimento, essendo dunque possibile per le parti e i loro difensori inviare gli atti a mezzo del servizio postale; si considera a tali fini valida la data della spedizione che andrà annotata sull’atto da parte del Cancelliere. Modalità consigliata al fine di evitare spiacevoli conseguenze.

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