L'affitto con riscatto: cos'è e come funziona?


L'affitto con riscatto: ecco cosa c'è da sapere sui contratti, sul preliminare, sul canone di locazione, sull'acconto prezzo e sul limite di durata
L'affitto con riscatto: cos'è e come funziona?

L'affitto con riscatto è composto da due contratti separati e aventi vita autonoma: un contratto di affitto e un preliminare di futura vendita da effettuarsi in un determinato tempo (che in genere è di 3-5 anni, ma che è tutelato dalla legge fino a 10).

Il preliminare è solo un'opzione di acquisto che l'affittuario ha anche facoltà di non esercitare a scadenza, perdendo in tale caso le quote di affitto versate. L'opzione di futuro acquisto può essere registrata come clausola del contratto di locazione, che è una scrittura privata, quindi, non necessita di rivolgersi a un notaio.

Comunque, sono legittimi anche patti che obbligano le parti a firmare un rogito notarile: in questo caso si parla di contratto con preliminare di vendita, è soggetto a trascrizione e ha durata massima di tre anni non prorogabili dalle disponibilità delle parti.

Il canone di locazione con affitto a riscatto è generalmente più alto di quelli di mercato correnti, perché si compone dell'affitto vero e proprio e di una quota "acconto-prezzo" che andrà a detrarsi dal prezzo finale di acquisto dell'immobile (prezzo di riscatto a scadenza).

La maggiorazione varia dal 15% fino al 50%, ma non c'è un massimale di legge: a volte è lo stesso conduttore a chiedere una maggiorazione più alta fino al 50% in modo da avere una somma più bassa a scadenza in percentuale sul prezzo di acquisto e, quindi, una maggiore facilità per ottenere un mutuo (raggiungendo una cifra residua pari al 70-80% del prezzo totale dell'immobile).

In linea teorica, se la maggiorazione è versata a titolo di "acconto-prezzo", deve essere restituita anche se il conduttore rifiuta l'acquisto a scadenza: se questa quota a titolo di "acconto-prezzo" è al limite pari al 100% del canone versato, il proprietario rischierebbe che il conduttore benefici di un periodo gratuito di locazione, rinunciando a scadenza all'acquisto col diritto alla piena restituzione di quanto versato. Nulla vieta alle parti di accordarsi per una quota a titolo di canone di locazione che, se e solo se a scadenza (o prima) il conduttore opta per l'acquisto, possa anch'essa essere "convertita" e versata a titolo di "acconto-prezzo", mentre non deve essere restituita nel caso opposto di mancato acquisto.

Per velocizzare l'affare, il proprietario può al limite decidere che, se il rogito si conclude in un tempo breve di 18 mesi-due anni, la quota che va a ridurre il prezzo sia la totalità del versato mensilmente, o comunque una quota tanto maggiore tanto minore è il tempo trascorso dall'inizio del preliminare di vendita. L'affittuario che rinuncia all'acquisto perde l'intero versato, sia la quota a titolo di "acconto-prezzo" sia - naturalmente - il canone di locazione vero e proprio.

Se la trascrizione del contratto definitivo o di altro atto che costituisca comunque esecuzione del contratto preliminare non avviene entro tre anni, gli effetti del preliminare di vendita si considerano come mai prodotti.

Il contratto di affitto a riscatto con preliminare (quello che obbliga le parti alla compravendita) è legato al pagamento di una somma pari in genere all'8-10% del prezzo finale, a titolo di caparra o acconto.

La legge nulla impone in merito a caparre o acconti e importi minimi. Richiede, invece, che il contratto sia stipulato con la dicitura di preliminare, e trascritto presso i registri immobiliari in modo che gli eventuali creditori del venditore non potranno iscrivere un'ipoteca sull'immobile promesso in vendita, né richiedere un pignoramento dell'immobile.

Il preliminare può essere unilaterale (obbliga il proprietario a vendere su richiesta del conduttore), oppure bilaterale.

Il contratto di locazione può contenere una clausola di riscatto automatico (clausola di trasferimento della proprietà vincolante per ambedue le parti), per cui alla fine del contratto d'affitto è previsto l'automatico passaggio di proprietà della casa; ovvero una clausola di vendita con riserva di proprietà, per la quale il passaggio di proprietà avviene solamente al pagamento dell'ultimo canone d'affitto previsto per il periodo di contratto (art. 1523 c.c.).

L'acconto per definizione deve essere in ogni caso restituito, anche in caso di inadempimento di una delle parti. La caparra, invece, spetta al proprietario se il conduttore rinuncia all'acquisto; viceversa, spetta al conduttore (e fino alla misura del doppio), se il proprietario rinuncia a vendere.

Per quanto riguarda le maggiorazioni-premio (acconto-prezzo) sul canone di locazione:
•    in caso di inadempimento del conduttore, il proprietario ha diritto alla restituzione dell'immobile e, se il contratto non prevede diversamente, di acquisire per intero i canoni versati;
•    in base al decreto-legge "Sblocca Italia", se il conduttore rinuncia all'acquisto, ha diritto alla restituzione della quota mensile che deve essere indicata nel contratto di locazione come acconto sul prezzo di riscatto dell'immobile.

 

«Le parti definiscono in sede contrattuale la quota dei canoni imputata al corrispettivo che il concedente deve restituire in caso di mancato esercizio del diritto di acquistare la proprietà dell'immobile entro il termine stabilito».

(art. 23, comma 1-bis decreto-legge n. 133/2014)

In caso di mancata indicazione di questa quota da restituire al conduttore, non è prevista tuttavia né la nullità del contratto né che la quota da restituire; se non indicata si debba presumere uguale “alla parte di canone indicata nel contratto imputabile al corrispettivo del trasferimento”.

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di John Holder

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