Il compenso dell’avvocato, il preventivo scritto
L'obbligo del preventivo scritto e la misura del compenso

La legge 247 del 31.12.12 aveva già introdotto, all’art. 13 comma 5, l’obbligo per l’avvocato di fornire un preventivo scritto su richiesta del cliente. La legge 124 del 04.08.17 ha eliminato l’inciso "su richiesta" rendendo il preventivo scritto obbligatorio in ogni caso. Attualmente la norma prevede che "Il professionista è tenuto, nel rispetto del principio di trasparenza, a rendere noto al cliente il livello della complessità dell'incarico, fornendo tutte le informazioni utili circa gli oneri ipotizzabili dal momento del conferimento alla conclusione dell'incarico; è altresì tenuto a comunicare in forma scritta a colui che conferisce l'incarico professionale la prevedibile misura del costo della prestazione, distinguendo fra oneri, spese, anche forfetarie, e compenso professionale". Innanzitutto è bene chiarire che tale obbligo sussiste nei confronti del "cliente" ovverosia di un soggetto che ha già richiesto le prestazioni del legale, di talché non si può immaginare l’obbligo per i legali (come pure in passato si voleva costringere gli avvocati a fare) di esporre o distribuire "prezziari" relativi a determinati tipi di pratiche, non essendo la professione forense un’attività che può essere venduta un tanto al chilo, ma che va studiata e costruita, anche nei costi, sartorialmente caso per caso, posto che ogni incarico è diverso, ogni cliente è diverso e ogni processo è diverso.
Lo stesso articolo 13 ai commi 3 e 4 prevede che "la pattuizione dei compensi è libera: è ammessa la pattuizione a tempo, in misura forfetaria, per convenzione avente ad oggetto uno o più affari, in base all'assolvimento e ai tempi di erogazione della prestazione, per singole fasi o prestazioni o per l'intera attività, a percentuale sul valore dell'affare o su quanto si prevede possa giovarsene, non soltanto a livello strettamente patrimoniale, il destinatario della prestazione. Sono vietati i patti con i quali l'avvocato percepisca come compenso in tutto o in parte una quota del bene oggetto della prestazione o della ragione litigiosa". Detta disposizione, che sembra voler disciplinare nel dettaglio le varianti e le variabili del compenso del professionista, in realtà lascia quasi carta bianca al legale, e ciò con l’effetto positivo di poter meglio adeguare il compenso al singolo caso, e l’effetto negativo di rendere difficilmente valutabile per il cliente la congruità del preventivo medesimo.
In precedenza il cd. Tariffario Forense (tutt’ora vigente, ma a quanto pare poco vincolante) rendeva più semplice sia per l’avvocato sia per il cliente la determinazione del compenso: nel 2014 il DM 55/14 prevedeva un compenso minimo e un compenso massimo per ogni fase del processo, compenso che è parametrato in proporzione al valore del procedimento e che è adeguabile poi in base ad alcuni criteri ben precisi (difficoltà della causa, numero di soggetti assistiti con posizioni identiche ecc.). Oggi il legale potrà fissare un compenso che prescinde dai parametri del Tariffario, seppure dovrà avvisare il cliente per iscritto di quale sarà l’esborso complessivo cui si deve preparare, e dovrà avere la prova di aver adempiuto tale obbligo,.
Nel caso in cui il compenso non sia stato pattuito per iscritto l’art. 13 (commi 6 e 7) torna ai canoni del Tariffario Forense: "I parametri indicati nel decreto emanato dal Ministro della giustizia, su proposta del CNF, ogni due anni, ai sensi dell’articolo 1, comma 3, si applicano quando all'atto dell'incarico o successivamente il compenso non sia stato determinato in forma scritta, in ogni caso di mancata determinazione consensuale, in caso di liquidazione giudiziale dei compensi e nei casi in cui la prestazione professionale è resa nell'interesse di terzi o per prestazioni officiose previste dalla legge. I parametri sono formulati in modo da favorire la trasparenza nella determinazione dei compensi dovuti per le prestazioni professionali e l'unitarietà e la semplicità nella determinazione dei compensi". Nel caso in cui non ci sia accordo tra legale e cliente, o in caso di contestazione, è possibile rivolgersi al Consiglio dell’Ordine di appartenenza del legale per tentare la mediazione e/o ottenere un parere di congruità del compenso richiesto.
Lo stesso articolo 13 ai commi 3 e 4 prevede che "la pattuizione dei compensi è libera: è ammessa la pattuizione a tempo, in misura forfetaria, per convenzione avente ad oggetto uno o più affari, in base all'assolvimento e ai tempi di erogazione della prestazione, per singole fasi o prestazioni o per l'intera attività, a percentuale sul valore dell'affare o su quanto si prevede possa giovarsene, non soltanto a livello strettamente patrimoniale, il destinatario della prestazione. Sono vietati i patti con i quali l'avvocato percepisca come compenso in tutto o in parte una quota del bene oggetto della prestazione o della ragione litigiosa". Detta disposizione, che sembra voler disciplinare nel dettaglio le varianti e le variabili del compenso del professionista, in realtà lascia quasi carta bianca al legale, e ciò con l’effetto positivo di poter meglio adeguare il compenso al singolo caso, e l’effetto negativo di rendere difficilmente valutabile per il cliente la congruità del preventivo medesimo.
In precedenza il cd. Tariffario Forense (tutt’ora vigente, ma a quanto pare poco vincolante) rendeva più semplice sia per l’avvocato sia per il cliente la determinazione del compenso: nel 2014 il DM 55/14 prevedeva un compenso minimo e un compenso massimo per ogni fase del processo, compenso che è parametrato in proporzione al valore del procedimento e che è adeguabile poi in base ad alcuni criteri ben precisi (difficoltà della causa, numero di soggetti assistiti con posizioni identiche ecc.). Oggi il legale potrà fissare un compenso che prescinde dai parametri del Tariffario, seppure dovrà avvisare il cliente per iscritto di quale sarà l’esborso complessivo cui si deve preparare, e dovrà avere la prova di aver adempiuto tale obbligo,.
Nel caso in cui il compenso non sia stato pattuito per iscritto l’art. 13 (commi 6 e 7) torna ai canoni del Tariffario Forense: "I parametri indicati nel decreto emanato dal Ministro della giustizia, su proposta del CNF, ogni due anni, ai sensi dell’articolo 1, comma 3, si applicano quando all'atto dell'incarico o successivamente il compenso non sia stato determinato in forma scritta, in ogni caso di mancata determinazione consensuale, in caso di liquidazione giudiziale dei compensi e nei casi in cui la prestazione professionale è resa nell'interesse di terzi o per prestazioni officiose previste dalla legge. I parametri sono formulati in modo da favorire la trasparenza nella determinazione dei compensi dovuti per le prestazioni professionali e l'unitarietà e la semplicità nella determinazione dei compensi". Nel caso in cui non ci sia accordo tra legale e cliente, o in caso di contestazione, è possibile rivolgersi al Consiglio dell’Ordine di appartenenza del legale per tentare la mediazione e/o ottenere un parere di congruità del compenso richiesto.
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