Donazione di una somma di denaro a mezzo bonifico
Il trasferimento di una somma di danaro mediante bonifico bancario configura una donazione diretta nulla in assenza di atto pubblico

La questione sottoposta all’esame delle Sezioni Unite (S.U. 18725/2017) solleva la problematica concernente i rapporti tra donazione diretta e liberalità diverse dalla donazione (dette anche donazioni indirette o liberalità atipiche).
La differenza tra le due tipologie consiste nel fatto che soltanto per la donazione cosiddetta diretta la legge richiede la forma dell’atto pubblico e la presenza di due testimoni (art. 782 c.c.) mentre per quella indiretta (definita dall’articolo 809 c.c.) non sono previsti particolari formalismi, essendo sufficiente l’osservanza delle forme prescritte per il negozio tipico utilizzato.
In particolare, la fattispecie al vaglio dei Giudici di legittimità concerne l’operazione attributiva di strumenti finanziari dal patrimonio del disponente a quello del beneficiario, compiuta a titolo di liberalità mediante una banca chiamata a dare esecuzione all’ordine di trasferimento dei titoli.
Secondo la Corte d’Appello, si è in presenza di un’operazione trilaterale che vede coinvolto soggetto disponente, istituto di credito e beneficiario dell’attribuzione di valori mobiliari, nel quale non sarebbe ravvisabile un atto di liberalità diretto bensì un’attribuzione realizzata mediante un mezzo, il bancogiro, diverso dalla donazione.
Le Sezioni Unite sono state chiamate a decidere se la stabilità del trasferimento di ricchezza attuato donandi causa a mezzo bonifico bancario sia subordinata all’adozione dello schema formale - causale della donazione - o se l’attribuzione liberale a favore del beneficiario rappresenti una conseguenza indiretta giustificata dal ricorso ad un’operazione trilaterale di movimentazione di danaro con l’intermediazione dell’ente creditizio.
La riconduzione all’uno o all’altro ambito ha conseguenze sul piano della disciplina applicabile.
Il codice civile estende infatti alle liberalità diverse dalla donazione tipica le disposizioni riguardanti la revocazione per causa di ingratitudine e per sopravvenienza di figli e quelle sulla riduzione per integrare la quota dovuta ai legittimari.
Conclusioni.
La Suprema Corte decide in senso difforme rispetto ai Giudici dell’Appello. Il principio di diritto enunciato è che il trasferimento di danaro per spirito di liberalità configura una donazione diretta e, pertanto, richiede la forma solenne dell’atto pubblico a pena di nullità. Il trasferimento di ingenti valori patrimoniali a mezzo bonifico bancario, infatti, configura un atto di liberalità tipico nell’ambito del quale la banca si limita a dare esecuzione ad un ordine impartito da un suo correntista.
La movimentazione di danaro mediante operazione bancaria è solo una modalità di esecuzione della liberalità, nullo in assenza della forma dell’atto pubblico alla presenza di due testimoni, a meno che non si tratti di donazione di modico valore.
La forma solenne dell’atto pubblico, statuisce la Cassazione, "risponde a finalità preventive a tutela del donante, per evitargli scelte affrettate e poco ponderate, volendosi circondare di particolari cautele la determinazione con la quale un soggetto decide di spogliarsi, senza corrispettivo, dei suoi beni".
La differenza tra le due tipologie consiste nel fatto che soltanto per la donazione cosiddetta diretta la legge richiede la forma dell’atto pubblico e la presenza di due testimoni (art. 782 c.c.) mentre per quella indiretta (definita dall’articolo 809 c.c.) non sono previsti particolari formalismi, essendo sufficiente l’osservanza delle forme prescritte per il negozio tipico utilizzato.
In particolare, la fattispecie al vaglio dei Giudici di legittimità concerne l’operazione attributiva di strumenti finanziari dal patrimonio del disponente a quello del beneficiario, compiuta a titolo di liberalità mediante una banca chiamata a dare esecuzione all’ordine di trasferimento dei titoli.
Secondo la Corte d’Appello, si è in presenza di un’operazione trilaterale che vede coinvolto soggetto disponente, istituto di credito e beneficiario dell’attribuzione di valori mobiliari, nel quale non sarebbe ravvisabile un atto di liberalità diretto bensì un’attribuzione realizzata mediante un mezzo, il bancogiro, diverso dalla donazione.
Le Sezioni Unite sono state chiamate a decidere se la stabilità del trasferimento di ricchezza attuato donandi causa a mezzo bonifico bancario sia subordinata all’adozione dello schema formale - causale della donazione - o se l’attribuzione liberale a favore del beneficiario rappresenti una conseguenza indiretta giustificata dal ricorso ad un’operazione trilaterale di movimentazione di danaro con l’intermediazione dell’ente creditizio.
La riconduzione all’uno o all’altro ambito ha conseguenze sul piano della disciplina applicabile.
Il codice civile estende infatti alle liberalità diverse dalla donazione tipica le disposizioni riguardanti la revocazione per causa di ingratitudine e per sopravvenienza di figli e quelle sulla riduzione per integrare la quota dovuta ai legittimari.
Conclusioni.
La Suprema Corte decide in senso difforme rispetto ai Giudici dell’Appello. Il principio di diritto enunciato è che il trasferimento di danaro per spirito di liberalità configura una donazione diretta e, pertanto, richiede la forma solenne dell’atto pubblico a pena di nullità. Il trasferimento di ingenti valori patrimoniali a mezzo bonifico bancario, infatti, configura un atto di liberalità tipico nell’ambito del quale la banca si limita a dare esecuzione ad un ordine impartito da un suo correntista.
La movimentazione di danaro mediante operazione bancaria è solo una modalità di esecuzione della liberalità, nullo in assenza della forma dell’atto pubblico alla presenza di due testimoni, a meno che non si tratti di donazione di modico valore.
La forma solenne dell’atto pubblico, statuisce la Cassazione, "risponde a finalità preventive a tutela del donante, per evitargli scelte affrettate e poco ponderate, volendosi circondare di particolari cautele la determinazione con la quale un soggetto decide di spogliarsi, senza corrispettivo, dei suoi beni".
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