Chiamarsi gruppo... o essere un gruppo?
Negli ultimi anni si è potuto constatare che un numero sempre crescente di società ha inserito nella propria ragione sociale la parola “Group".
Questa moda si è diffusa al punto che anche diverse società di persone hanno inserito questo termine nella loro ragione sociale non considerando il fatto che, così facendo, anziché dare un’immagine di grandezza e strutturazione si coprono di ridicolo.
Il codice civile ha sempre previsto che nelle ragioni sociali adottate dalle varie imprese che andavano ed essere costituite non si potevano utilizzare termini contro la legge, il decoro e la decenza, oppure che potessero ledere la buona fede dei terzi.
Inserire il termine group nella ragione sociale di una società operativa, quindi commerciale, rientra certamente in questa fattispecie.
Come è stato allora possibile tutto ciò? E’ sostanzialmente il frutto dell’evoluzione dell’orientamento degli ordini notarili delle varie regioni di Italia e, in ultima istanza, delle direttive del Consiglio nazionale del Notariato.
Fino all’istituzione del Registro delle Imprese presso le camere di Commercio, gli atti redatti dai notai passavano per le cancellerie dei tribunali dove venivano vagliati sia dai cancellieri che dai giudici delegati.
Ora con l’istituzione del Registro delle Imprese il controllo preliminare di legittimità è delegato ai notai in sede di redazione dell’atto costitutivo. Da quel momento i notai hanno cominciato a pronunciarsi in favore dell’inserimento del termine “Group" nelle ragioni sociali delle aziende in quanto ritenuto elemento distintivo dell’impresa senza che ciò arrechi equivoco e, quindi, lesione della buone fede dei terzi.
Qualche società commerciale addirittura ha avventurosamente inserito nella propria ragione sociale il termine holding.
Coloro che hanno adottato questa dicitura nella propria ragione sociale si chiamano gruppo, impropriamente peraltro, pur essendo società commerciali a tutti gli effetti.
La domanda da porsi è quindi la seguente: è possibile costituire un gruppo pur in presenza di numeri del fatturato e dell’attivo patrimoniale molto ridotti?
Certamente si.
Nel 2004 nel testo unico delle imposte sui redditi è stato inserito l’art. 87 che al comma 1 introduce nel nostro ordinamento tributario la disciplina dell’esenzione da tassazione del 95% delle plusvalenze conseguite da una società che detiene in bilancio delle partecipazioni in un’altra.
Parallelamente all’art. 87 è stato inserito l’art. 89 che prevede che i dividendi erogati ad una società controllante siano esenti da tassazione in ragione del 95% del loro ammontare.
Il recepimento nel nostro ordinamento tributario del regime di quasi totale esenzione dalla tassazione delle plusvalenze da cessione di partecipazione e dei dividendi ha letteralmente stravolto lo scenario esistente.
Innanzitutto perché questa disciplina riguarda tutte le società commerciali, con la sola eccezione delle società immobiliari di gestione che, per presunzione assoluta, non sono ritenute commerciali, venendo quindi meno potenziali restrizioni.
Viene, quindi, meno anche il concetto di holding intesa come società di mera partecipazione oppure di società di partecipazione che svolge anche attività operativa, ma limitata.
Per effetto di queste nuove norme qualunque società operativa può gestire delle partecipazioni purchè soddisfino i requisiti statuiti dall’art 87 c 1 del tuir.
Eventuali limitazioni all’acquisto e alla gestione delle partecipazioni non sono previste dalla legge, ma dallo Statuto. In altre parole in sede di costituzione della società sono i soci che devono inserire questa clausola, unitamente ad altre se ritenute necessarie a garantire il buon funzionamento societario, nell’atto costitutivo.
Esiste anche una limitazione standard prevista dalla giurisprudenza che prevede, per le società che non siano dichiaratamente società di gestione delle partecipazioni, il divieto di acquisto di partecipazioni in società che non abbiano un oggetto sociale analogo od affine al proprio. Si tratta, comunque, di una clausola che ha una portata di carattere generico: se una società commerciale vuole comprare quote di una società che opera in tutt’altro settore, quindi con fine speculativo, non le è consentito farlo. E’ invece permesso l’acquisto di quote di una società operativa commerciale per poter ampliare la propria area di intervento.
E’ altresì permesso acquisire quote di fondi comuni o titoli del debito dello stato quando sono gli istituti bancari a vincolare le società a questi acquisti per poter ottenere dei finanziamenti bancari.
Per tornare alla domanda se è possibile costituire un gruppo, il regime tributaro della Pex e dei dividendi offre a tutte le società, a quelle di capitali per lo meno, la possibilità di ripensare il proprio business e a razionalizzarne la struttura.
Razionalizzare significa rivedere le modalità con cui si sta sul mercato e con cui si vendono i propri prodotti e servizi, ripensare le modalità di accesso e gestione del credito, la tipologia dei contratti di lavoro da applicare ai dipendenti e così via.
Ecco alcuni esempi di opzioni di razionalizzazione ed implementazione delle proprie attività, ottenibili attraverso la costituzione di un gruppo snello cioè società controllante e controllata, che abbiano dei fatturati ed attivi di bilancio anche molto modesti:
- Separare le attività di business trasferendone una parte a una società neocostituita razionalizzando la gestione complessiva;
- Eventuale utilizzo della nuova società come veicolo per entrare in nuovi mercati oppure in mercati dove l’influenza reputazionale della società controllante, facente ora funzione di capogruppo, possa essere controproducente;
- Gestione efficiente della liquidità con la possibilità di concedersi reciprocamente finanziamenti;
- Rafforzamento patrimoniale di una o tutte e due le entità;
- Separazione e riduzione del rischio di impresa;
- Miglior bancabilità ed accesso al credito da parte delle singole società;
- Potenziale miglioramento dell’immagine commerciale.
Occorre, però, segnalare che in caso di costituzione di un gruppo se la società capogruppo A sottoscrive il 100% del capitale sociale della controllata, deve comunicare al Registro delle imprese che la società controllata B è una srl a socio unico; inoltre, se l’amministratore o il cda coincidono con quello della controllante si dovrà anche segnalare al Registro delle Imprese che la società B è sotto direzione e coordinamento della società A.
Queste comunicazioni assolvono, di fatto, gli obblighi richiesti per la costituzione di un gruppo; infatti la società B al momento di presentare il bilancio dovrà indicare in nota integrativa di essere sotto la direzione ed il coordinamento di A e riportare i dati di bilancio della controllante.
La disciplina della pex, ex art 87 tuir, è collegata in maniera inscindibile con l’art 95 del tuir (dividendi) e con l’art 101 (minusvalenze) oltre ad essere soggetta ad alcuni vincoli di interpretazione sul termine commercialità ed alla disciplina delle società di comodo.
Per una più completa comprensione dei termini del problema e delle relative implicazioni societarie e fiscali rimando il lettore agli atti del convegno che ho tenuto presso la Scuola di Alta Formazione dell’Ordine dei Dottori Commercialisti di Milano dal titolo “Aspetti fiscali e societari delle holding” che sono consultabili sul mio sito www.studiogigliucci.it nella sezione articoli e convegni.
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